16 marzo 2011

Cerco

E al mattino al mio risveglio
cerco in cielo gli aironi
e il profumo bianco del giglio.

Cerco in tutte le canzoni
e in un passero sul ramo
uno spunto per la Rivoluzione.

Cerco il filo di un ricamo,
un accordo in la minore
per gridare forte t'amo.

Se ho degli attimi di rancore,
cerco te e la tua bocca,
nei tuoi occhi trovo amore.

Cerco la mia malattia
in un bar e nelle carte,
la mia dannata periferia.

Cerco gli occhi di chi parte,
di chi si ferma e chi va in fretta,
la sincerità nell'arte.

Cerco il punk in una lametta,
la felicità ed il dolore,
nel fumo di una sigaretta.

Se ho degli attimi di rancore,
cerco te e la tua bocca,
nei tuoi occhi trovo amore.

9 commenti:

G T ha detto...

Strepitosa poesia con terzine a rima incatenata (schema metrico: ABA, BCB, CDC detto anche terza rima), che segue uno degli schemi più classici della letteratura italiana (per intenderci, quello della Divina Commedia).
Si concede anche qualche piccola licenza poetica (assonanza invece di rima) e ripropone due volte una stessa terzina (ritornello) che non è incatenata alle altre e che divide esattamente in due parti di tre terzine, la Poesia.

"E al mattino al mio risveglio
cerco in cielo gli aironi
e il profumo bianco del giglio."

Da notare la "e" congiunzione con cui inizia la canzone: dà un senso di contiguità temporale con il lettore e la realtà. E si lega moltissimo all'idea del risveglio tranquillo da una notte di sogni.
Appena sveglio, si affaccia alla finestra e cerca subito in cielo gli aironi. L'airone oltre ad essere bello e molto elegante come la cicogna, è un uccello che vive nei pressi di corsi d'acqua poco profondi (Rino si sveglia quindi vicino a un corso d'acqua mare, fiume o lago che sia).
Con la sinestesia (figura retorica che prevede l'accostamento di due termini appartenenti a due diversi piani sensoriali) del profumo bianco del giglio, rende omaggio a un fiore dall'intenso profumo con notevoli proprietà rilassanti e benefiche, simbolo di purezza, che fiorisce nei mesi estivi. Il giglio stilizzato, è utilizzato come emblema dalla famiglia Farnese, è presente nello stemma di molti comuni (es. Firenze) ed è usato anche come simbolo dallo scautismo.
Nell'iconografia cristiana, è uno dei simboli associati alla Madonna, all'Arcangelo Gabriele e a Sant'Antonio di Padova. Secondo la mitologia il giglio è nato da una goccia di latte caduta dal seno di Alcmena mentre allattava Ercole.

Anonimo ha detto...

"Cerco in tutte le canzoni
e in un passero sul ramo
uno spunto per la Rivoluzione."

In tutte le canzoni che ascolto, non voglio più sentire le solite banalità, ma soltanto cose reali che stimolano il cervello, aiutano a riflettere. Soprattutto nella bellezza di un passero su un ramo di un albero, simbolo (come gli aironi) della natura incontaminata, cerco la forza per andare avanti con le mie battaglie. Contro tutti coloro che minacciano e distruggono lentamente la natura (e ciò che potrebbe condurre all'autodistruzione). Contro il sistema di potere che tiene succube l'uomo, da millenni, senza dargli una reale possibilità di evoluzione. C'è bisogno continuamente di spunti per "La Rivoluzione". In tutto ciò che è intorno a noi. Questo è il senso. Ed è un bisogno quotidiano. E chi offusca ciò (come ad esempio i finti "cantanti") è un'ipocrita o un'ignorante.

G T ha detto...

"Cerco il filo di un ricamo,
un accordo in la minore
per gridare forte t'amo."

Cerco il filo di un ricamo, ovvero il principio da cui tutto ha origine, l'elemento base che poi va a creare il ricamo. O, meglio, cerco le ragioni di fondo secondo cui molte cose accadono. Non quelle spiegazioni superficiali ma quelle di fondo. Cerco di... andare sempre alla radice delle cose!
Poi si torna all'ironia "rinesca": cerco un accordo in la minore... per poter suonare canzoni (questa è in la maggiore) e gridare forte t'amo, l'unica cosa che mi è concessa di gridare. Sì, perché Rino è bravissimo a alternare nei suoi testi tematiche profonde, sociali, a frasi riferite all'amore, che lui, secondo me, considera soltanto un diversivo.. anche un po' per distogliere l'attenzione dal reale significato delle canzoni. E lo fa ripetutamente in tutte le canzoni. Questo t'amo, collegato al ritornello, è "consolatorio". Il ritornello, difatti, si collega perfettamente:

"Se ho degli attimi di rancore,
cerco te e la tua bocca,
nei tuoi occhi trovo amore."

Ovvero, appena mi sveglio cerco la purezza del mondo, uno spunto per la rivoluzione, il filo di un ricamo... ma non trovo nulla di tutto questo... quindi cerco un accordo sbagliato per gridare t'amo... almeno questo lo posso fare! Quindi sono pervaso continuamente da molti momenti di rancore, di rabbia, perché non trovo quello che realmente cerco! perché non lo posso trovare, non mi è permesso!!! ...e alla fine cerco te e, la tua bocca... e quella la trovo, sì, perché nei tuoi occhi trovo qualcosa... trovo amore. Almeno quello. Anche se non mi basta, è già qualcosa... e per un po' mi calmo e riesco a non pensare. E', quindi, cmq sicuramente una cosa bella, ma di certo non una priorità!

Anonimo ha detto...

"Cerco la mia malattia
in un bar e nelle carte,
la mia dannata periferia."

E... allora cerco la mia malattia, malattia intesa come stato di sofferenza: la malattia può essere definita come un'alterazione dello stato fisiologico e psicologico dell'organismo, capace di ridurre, modificare negativamente o persino eliminare le funzionalità normali del corpo. Per capire bisogna soffrire. Oppure forse, si riferisce a malattia intesa come "limite" o "non normalità". Come la cerca? bevendo (bar) e giocando (carte). Oppure, altra spiegazione, forse più credibile ma meno logica, spulciando scartoffie e approfondendo carte in un bar, per cercare di "capire".
"La mia dannata periferia" è poi il concetto più significativo della poesia: per cercare di capire, di farsi domande (quelle giuste), di migliorarsi e migliorare... c'è bisogno di cercare la propria periferia! Ovvero di cercare e andare incontro ai propri limiti, non la parte centrale di sè ma, ciò che è periferico, lontano, non in luce: insomma ciò che non si conosce. Dannata periferia, perché cercarla può causare danni, problemi, sofferenze, cose non piacevoli. O anche perché dannata è uno degli aggettivi più "estremi", che servono per far capire quanto sia difficile cercare o ancor più trovare la propria periferia. Bisogna cercare la propria dannata periferia per poter crescere, analizzare (e analizzarsi) e capire ciò che ci circonda e perché accadono determinate cose, questa è una delle lezioni più grandi di Rino. Pura filosofia dell'esistenza umana.

Anonimo ha detto...

"Cerco gli occhi di chi parte,
di chi si ferma e chi va in fretta,
la sincerità nell'arte."

Immagine stupenda: gli occhi di chi parte, pieni di incertezza e di gioia o tristezza (a seconda dei casi). Che guardano magari per l'ultima volta un posto, una persona che potrebbero anche non rivedere mai più (o dovrà passare prima molto tempo). Gil occhi di chi si ferma in un posto, in cui decide di stabilizzarsi, o di chi si ferma perché è stanco, o ha corso troppo. Di chi si ferma con una persona. Di chi insomma è sicuro di ciò che fa/ha e decide di stare bene. Gli occhi di chi va in fretta: i più difficili da trovare.
Sfuggenti, rapidi, senza punti di riferimento, insicuri. Mai intensi. Chi non ha tempo per vivere, chi non ha tempo per godere un momento, chi ha altre (false) priorità.
Tre tipi di occhi, molto diversi tra loro: occhi intensi di chi parte (pieni di gioia o tristezza), occhi sicuri di chi si ferma, occhi sfuggenti di chi va in fretta. Cerca tutte queste immagini che, ricorrono spesso in diversi momenti della vita di una persona.
Ma, Rino, cerca soprattutto una cosa: la sincerità, la verità oggettiva. E se non si può trovare nel mondo, in moltissimi campi, e non ce la si può aspettare da tutte le persone, almeno dagli artisti e nell'arte la si può cercare. La si deve pretendere e trovare. Ma è molto difficile, dato che la maggior parte degli artisti (e, in particolare, dei cantanti) fa compromessi: non è sincera e per avere successo rinuncia a dire la verità e accantona la sincerità. Ma l'arte è e deve essere sempre nobile e sincera. Pura.

G T ha detto...

"Cerco il punk in una lametta,
la felicità ed il dolore,
nel fumo di una sigaretta."

L'ultima strofa, prima del ritornello, sembra banale, a prima vista, ma come tutte le canzoni di Rino, non lo è affatto.
Cercare il punk, la ribellione giovanile musicale e culturale in voga in quegli anni (il movimento punk si sviluppa proprio a partire dalla metà degli anni '70). Cercare la rivoluzione e l'anti-conformismo in una lametta, nella sofferenza o meglio nell'auto-provocarsi ferite, come gli attuali Emo (nati circa 10 anni dopo la morte di Rino)? No. Lui, innanzitutto, semplicemente ci vuol dire che cercare emozioni, e quindi sia felicità che dolore (entrambe le cose, inscindibili) significa vivere.
Poi, il punk.
Il movimento della cultura punk, nato sulle spinte degli ideali anarco-pacifisti dei primi del Novecento, parte da uno stile molto semplice e un "cantato urlato" - simile per certi versi a quello di Rino, pochi semplici accordi, canzoni "gridate", significati intensi, sociali e prodondi - e attraverso alcune band inglesi (come Crass, Subhumans, Flux of Pink Indians, Conflict, Poison Girls e The Apostles) si trasforma radicalmente, arrivando ad attaccare continuamente il cuore dell'Inghilterra thatcheriana e, più in generale, tutte le sovrastrutture internazionali che costantemente cercano di reprimere i popoli e le loro menti attraverso il terrorismo, le minacce di guerre, il nucleare, etc. Rino è sicuramente uno dei primi cantautori anarcho-punk italiani, e probabilmente il più grande insieme all'immenso Fabrizio De André (che però ha avuto più anni a disposizione per scrivere e ha sviluppato in maniera molto più organica i concetti). La sua analisi si colloca e si rispecchia perfettamente, a mio avviso, nelle idee di Errico Malatesta, di Luigi Fabbri e Camillo Berneri: se l'anarchia è il fine ultimo a cui tendere per avere una società di liberi ed eguali in cui non esiste più il famigerato "cittadino", ma soltanto l'uomo libera da ogni tipo di sfruttamento e autoritarismo, allora l'anarchismo si configura come il mezzo per tendere a tale fine, la pratica quotidiana fondata sul risveglio delle coscienze, l'azione volta a sovvertire gli istituti prodotti da Stato e Capitale, la prassi che incendia le anime degli sfruttati, malpagati, frustrati e diseredati.
Nel fumo di una sigaretta, nella lametta (che potrebbe anche rappresentare la libertà o meno di sbarbarsi, o raparsi i capelli, senza essere mai giudicato), nel godersi la vita a pieno (felicità e dolore), c'è la ferma volontà di spingere il mondo a riappropriarsi della vita; soprattutto da parte dei tanti giovani "a cui è stato tolto il futuro", nauseati dalla vacuità e dall'assenza di prospettive, ambizioni e valori. Non è autodistruzione, ma rinascita. Non nichilismo fine a sè stesso, ma emancipazione. Rino ci gioca, si e ci diverte, il suo è un disimpegno che sembra farsa ma in realtà rasenta tutte le più importanti tematiche sociali, ricollegandosi perfettamente alla battaglia più grande: quella del risveglio delle coscienze in senso libertario e indipendente (da tutto e da tutti) - tutto dipende primariamente e, soprattutto, da noi stessi. Niente sovrastrutture. Niente più sovrastrutture. E, invece, 30 anni dopo siamo tornati, ahimé, indietro.

Demangels ha detto...

Ciao,
mi sono imbattuta per caso nel tuo blog e lo trovo esaustivo...complimenti, nn è semplice comprendere appieno i testi di Rino gaetano.

Anonimo ha detto...

Puoi parafrasare il testo della canzone Al compleanno della zia rosina.E' l'unica canzone di Rino in cui non intravedo neanche il minimo significato logico.Grazie in anticipo

Anonimo ha detto...

AVANTI ANNI LUCE, Rino dovrebbe essere studiato nelle scuole, ha davvero troppo da insegnarci!